Ogni progetto espositivo diventa, almeno per me, un pretesto per porre l’attenzione su una idea, un concetto, un argomento che per qualche motivo colpisce la nostra attenzione. In questo caso devo ringraziare Stefano Spera con il suo nuovo progetto espositivo, “WAITING FOR BIAS”, che trova e ci offre una brillante sintesi estetica e concettuale su una sua riflessione che riguarda tutti noi, in relazione al nostro modo di osservare, comprendere e comunicare. Gli elementi che delimitano questo spazio speculativo, anticipati dal titolo della sua mostra sono l’attesa e il pregiudizio.
Partendo da quest’ultimo possiamo dire che la psicologia cognitiva ha, recentemente, chiarito che non è possibile utilizzare sempre un pensiero esclusivamente razionale, l’uomo, infatti, durante l’evoluzione, ha acquisito una serie di comportamenti automatici che gli hanno consentito di sopravvivere in ambienti ostili, prendendo decisioni euristiche. Non è questo il luogo per entrare nei dettagli scientifici, ma possiamo in maniera generale, affermare che queste ultime sono meccanismi di pensiero automatici che aiutano il veloce raggiungimento di una soluzione nel momento in cui occorre prendere una decisione in uno specifico contesto, possiamo definirli escamotage mentali, che portano a conclusioni veloci con il minimo sforzo cognitivo. Il nostro cervello agisce sulla base di schemi mentali validi, pregiudizi, per affrontare larga parte delle situazioni. Esiste, però, un certo numero di situazioni che possono essere affrontate correttamente solo uscendo dalle mappe mentali consolidate.
L’individuo che si limita a utilizzare tali mappe cade in errore quando affronta nuovi scenari. Eccoci quindi davanti ai nostri bias, cioè alla tendenza a creare la propria realtà soggettiva, non necessariamente corrispondente all’evidenza, sviluppata sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque a un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio. Questa mancanza di oggettività è probabilmente determinata in prevalenza dalle componenti più primitive, ancestrali e istintive del cervello, questo rende i bias cognitivi non eliminabili a priori, ma possiamo imparare a riconoscerli e tenerne conto a posteriori. In questo contesto l’attesa, intesa come il tempo che si attende, il desiderio, l’ansia con cui si attende un evento è la nostra condizione di esseri viventi in continuo movimento. L’attesa beckettiana sembra essere un’attesa nullificante, senza nessuna speranza, mentre l’attesa figurata da Stefano Spera si apre ad un movimento minimo, complesso, creativo. Attraverso una rilettura dei classici, nello specifico della mitologia greca, individua alcuni miti e appropriandosi delle loro caratteristiche particolari costruisce uno spazio ideale per riflettere e far riflettere sulla natura umana tra passato, presente e futuro. Il guardante è costretto a scendere, salire, attraversare, vari piani, entrando ed uscendo da scenari differenti raffigurati nei singoli lavori pittorici e stampe digitali su vinile, i quali, si trasformano in dispositivi per l’immaginazione individuale e collettiva per comprendere gli avvenimenti della storia ed imparare a leggere la realtà attraverso la finzione. Mitologia, psicologia, arte, storia e tecnologia coesistono, s’intrecciano. La selezione di cinque figurazioni individuate tra miti ed eroi greci, Pandora, Icaro, Paride, Edipo e Narciso, l’evidenza, attraverso la storia dell’arte, dei loro bias, la rappresentazione degli stessi nella realtà contemporanea e la loro proiezione nel futuro chiedendo aiuto all’oracolo moderno, l’intelligenza artificiale, ci restituisco una narrazione meno epica, meno coraggiosa, meno istintiva. Viene completamente disatteso l’imprevisto, il non conosciuto, viene cancellato il desiderio, la paura, l’emozione, l’intuizione, la creazione. Avremmo avuto per ognuno, a posteriori, una risposta, una soluzione, giusta o meglio esatta. Pandora non avrebbe aperto il vaso, Icaro non sarebbe caduto, Paride avrebbe fatto la scelta giusta, Edipo non avrebbe commesso atti orribili e Narciso non sarebbe stato ucciso dalla sua bellezza, ma tutto questo sarebbe stato vero?
I lavori di Stefano Spera svelano a tutti noi la complessità del nostro pensiero ed accendono una luce sulla necessità di riconoscere i nostri pregiudizi per procedere non verso una loro totale rimozione, ma verso una continua e faticosa ricerca di verità minime. Assumere una posizione in cui la disattesa dei nostri desideri non sia un elemento negativo, ma un movimento creativo, un movimento che ci permette, che ci stimola alla ricerca del nuovo, del migliore, sapendo che non potrà mai essere una mappa finale, perfetta, assoluta, ma soltanto uno schizzo ispirato. La disattesa attesa è uno stato d’animo che sfida il falso desiderio dell’umanità alla ricerca di risposte rapide in grado di oscurare la complessità della realtà. Progettare e perfezionare una tecnologia che possa creare immagini al nostro posto, sembra essere il grande sogno e la promessa della scienza moderna riportando indietro l’umanità a quando gli uomini facevano sacrifici agli dei invocando l’oracolo per conoscere il domani. Mettere insieme calcolo e predizione e fidarsene ciecamente può essere un’alchimia pericolosa. Usare il calcolo sapendo e riconoscendo che le nostre conoscenze, per fortuna, sono sempre parziali, influenzate da eventi non programmati, sempre nuove ed in parte invisibili ed inspiegabili, forse intuibili, ma non sempre, attraverso la fruizione di alcune opere d’arte può essere, invece, un’alchimia feconda.
Personalmente credo che a Stefano Spera sia riuscito questa impresa lasciando ad ognuno di noi lo spazio e la curiosità di scoprire all’interno della stratificazione della sua azione pittorica fatta di piccolissimi e innumerevoli dettagli una serie di punti di ancoraggio in grado di non farci allontanare dal nostro essere contemporaneamente sofisticati e mancanti.
Stefano Monti
Every exhibition project becomes, at least for me, a pretext to draw attention to a striking idea, concept or topic. In this instance, I have to thank Stefano Spera for his new exhibition, “WAITING FOR BIAS” as it offers a brilliant aesthetic and conceptual synthesis of a question that concerns us all, exploring our way of observing, understanding and communicating. As you might imagine from the title of the exhibition, the elements that circumscribe this area of speculation are expectation and prejudice.
Regarding the latter, research in the field of cognitive psychology has recently clarified that it is not always possible to apply exclusively rational thought. As we have evolved, human beings have acquired a series of automatic behaviours, making heuristic decisions to survive in hostile environments. Without going into all the scientific details, we can simply define them as automatic thinking mechanisms that help us quickly reach a solution in a specific context. We could call them mental stratagems for making quick decisions with minimal cognitive effort. To tackle the majority of situations, our brain relies on prejudices which are sound and tested mental patterns. There are, however, a number of situations that we can only deal with correctly by stepping away from our established mind maps.
It would be a mistake to merely resort to such maps when dealing with new scenarios. We are confronted by our bias, that is, the tendency to create our own subjective reality, this does not necessarily correspond to facts and is developed on the basis of our interpretation of the information we possess, even though these might not be logically or semantically connected to each other, which can lead to an error of evaluation or lack of objectivity in judgment. This lack of objectivity is probably mainly determined by the most primitive, ancestral and instinctive components of our brain. This means that cognitive biases cannot be excluded a priori, but we can learn to recognise them and take them into account a posteriori. Seen in this context expectation, that is the time spend waiting as well as the desire or anxiety with which we look forward to an event, is our condition as living beings in continuous movement. While Beckett’s waiting seems to be a nullifying wait, without any hope, Stefano Spera’s waiting, his expectation, opens up to a minimal, complex, and creative movement. Revisiting the classics, in particular Greek mythology, Spera has identified a number of myths and by appropriating their particular characteristics he has built a space that is ideal for reflecting on human nature between past, present and future. The viewer is led up, down and across a number of levels, entering and exiting different scenarios portrayed in individual pictorial works and digital prints on vinyl. These are all devices through which the individual and collective imagination can understand the events of history and learn to read reality through fiction. Mythology, psychology, art, history and technology coexist and intertwine. Five figures from Greek myths and heroes have been selected – Pandora, Icarus, Paris, Oedipus and Narcissus – and we see the evidence of their bias through the history of art, their representation in contemporary reality and their projection into the future with the help of artificial intelligence, the modern oracle. This representation gives us a less epic, less courageous, and less instinctive narrative. The unexpected and the unknown are completely hollowed out… desire, fear, emotion, intuition and creation are erased. In retrospect we might have found an answer, a solution for each one, the precise answer, the right thing to do. Pandora would not have opened the box, Icarus would not have plummeted into the sea, Paris would have made the right choice, Oedipus would not have committed terrible deeds and Narcissus would not have been killed by his own beauty… but could all this ever have happened?
Stefano Spera’s works reveal to all of us the complexity of our thinking and shine a light on the need to recognise our prejudices – not to proceed towards their total eradication, but rather towards a continuous and exhausting search for minimal truths. It invites us to embrace a position where our desires not being realised is not something unfavourable, but rather a creative movement allowing and encouraging us to seek something new and better, knowing that it will never result in a final, perfect, absolute map, but only an educated inspired sketch. Waiting for something not to be realised is a state of mind that challenges humanity’s false desire for quick answers which can obscure the complexity of reality. Designing and perfecting a technology that can create images for us seems to be the great dream and promise of modern science, taking humanity back to when men made sacrifices to the gods, invoking the oracle to know the future. Putting calculation and prediction together in the same basket and trusting them blindly can be a dangerous combination. On the other hand we can find a fertile alchemy in knowing and recognising that our knowledge is fortunately always partial, that it is influenced by unforeseen, always new, partly invisible and inexplicable events, which can sometime be fathomed, but not always, using calculation through certain works of art.
I personally believe that Stefano Spera has succeeded in this task, he has left each of us the space and curiosity to discover a series of anchor points within the stratification of his pictorial action, with all its many tiny details. This helps prevent us drifting from our state of being simultaneously sophisticated and full of shortcomings.
Stefano Monti