16.04 | 22.05.2021

non volevo fare assolutamente nullaGuido Segni

Stanco!

Stanco è la parola scelta, non senza difficoltà, per “individuare”, “nominare” questo testo, che nasce con la volontà di accompagnare la prima mostra personale di Guido Segni presso lo spazio SMDOT/Contemporary Art intitolata: non volevo fare assolutamente niente. Al primo sguardo, alla prima lettura, può sembrare che la scelta abbia come obiettivo la ricerca di una sintesi di un concetto più complesso espresso dal titolo della mostra. Cioè quello di esprimere uno slogan adatto alle leggi della comunicazione.
Vi svelo subito che non è questo l’intento, anzi, la scelta è diretta ad evidenziare una distinzione, un contrasto, tra due sensazioni che non dovrebbero essere confuse, sovrapposte, ma riconosciute. Stanco! È una parola, un’esclamazione, immobile, ferma, che dichiara in maniera determinata la propria condizione e di chi la nomina. Le proprie forze fisiche ed intellettuali sono esaurite. Ho bisogno di riposo! Rappresenta una negazione al movimento, la volontà e la necessità di una pausa. La decisione di abitare un tempo differente, lento, intenso, esatto.
Invece “non volevo fare assolutamente nulla”, si muove. La sua forma verbale ci racconta il ripetersi o il perdurare dell’evento, esprime un’azione al passato, non conclusa, le sue contingenze di inizio e fine sono considerate incompiute. La sua negazione al movimento non si attua, rimane sospesa, è soggetta ad un’autogenesi artificiale, narcotica. Non c’è una reale sospensione, un cambiamento di stato, ma solo sfiancamento, spossatezza.
I lavori in mostra raccolgono questa dimensione che il filosofo contemporaneo, Byung – Chul Han, ha affrontato con grande lucidità all’interno del suo saggio “La società della stanchezza”. L’individuo tardo-moderno è collocato in un contesto performativo autoindotto, orientato esclusivamente alla prestazione in assenza di una dialettica negativa in grado di mostrargli la necessaria distinzione delle attività umane, facendolo cadere in uno stato di disagio determinato da una iperattività non finalizzata.
Guido con il video “The Han Collection (or how we got wired, tired and fired)”, presentato per la prima volta, fa un omaggio, ironico e sottile alle tematiche trattate nel saggio, soprattutto alle conseguenze della mancanza di contraddizione e ad un eccesso di positività. Una selezione di immagini di persone, che scorrono lentamente, le quali provano a resistere alla stanchezza, alle informazioni video trasmesse, avvolte da un elemento sonoro popolare che rende epico lo sforzo. Non riescono, crollano, restano sospese, o meglio imbrigliate nella sequenza delle immagini, non più guardanti, ma guardati, sorvegliati, dai monitor, che lo spettatore della mostra può solo immaginare. Uno spettatore che viene avvolto, catturato, guardato, egli stesso da immagini e suoni, come nel caso dei tre lavori esclusivamente sonori, “All the times i missed your call and i probably refused to work”, “Existence of a plug”, “For whom the phone rings”, che annunciano in tempo reale le chiamate perse, lo stato delle batterie e le notifiche che arrivano sullo smartphone dell’artista, riempiono, saturano lo spazio con la presenza, assenza, dell’artista, ma anche con il tempo che scorre continuo, perdendo inesorabilmente qualche “pezzo”. L’ artista gli si oppone, prova ad opporsi, con la stampa di “Tutto”, un libro di artista, dove sulla carta vengono iscritti, stampati, fermati, alcuni momenti, compreso lo scorrere del tempo vuoto, senza attività annunciate, della sua vita, messaggi arrivati in un tempo continuo e allo stesso modo frammentato con la volontà di creare un attrito al flusso. L’obiettivo è resistere, cercare il confronto, lo scontro, con l’altro che in questo caso è un oggetto (un monitor, uno smartphone), un sistema continuo di informazioni, ma potrebbe essere anche la metafora di uno scontro, confronto con noi stessi o con gli altri come avviene nella serie “Demand Full Laziness”, progetto/performance che vede Guido “sfidare” la macchina dal 2018 e lo farà fino al 2023. L’occhio della macchina cerca di riconoscere, di cogliere e rappresentare l’artista mentre si concede, accede, ad un tempo differente da quello continuo. Si concede una pausa, la macchina lo inquadra, ma non riesce a rappresentarlo, ad individuarlo correttamente, forse, per questo motivo, una bandiera con la scritta “Demand Full Laziness” sventola, artificialmente, grazie ad un ventilatore, e tre foto ed un video mostrano la “sconfitta” della tecnologia e la possibilità e la volontà di sottrarsi a favore della pigrizia. Un’altra bandiera, che non sventola, è fissa al muro con la scritta “Work less, work all”, uno slogan politico, popolare, che continua ad essere una necessaria utopia. In questo caso oltre alla bandiera, della stessa serie, possiamo vedere tre lavori video, commissionati ai lavoratori della piattaforma digitale Fiverr.com, un sito web dove le persone offrono i loro servizi professionali a un prezzo molto basso. In questo caso potremmo parlare di una performance di body art su commissione. Ai lavoratori viene richiesto di usare il loro corpo, esponendo in maniera “spettacolare” alcuni diritti dei lavoratori, si crea un cortocircuito tra l’utilizzo del servizio, l’azione richiesta e il messaggio, ma soprattutto una riflessione sulle difficili condizioni dei lavoratori nel settore del digitale. Anonima Moltitudine Autografa, ultimo lavoro in mostra, mantiene le stesse modalità, utilizza per la sua realizzazione un’altra piattaforma di lavoratori digitali, Amazon Mechanical Turk, ma in questo caso la richiesta è quella di produrre la firma di Guido Segni, raccogliendo in questo modo 68 firme, diverse, autorizzate. Ecco la creazione di un altro cortocircuito, una nuova frizione, una resistenza. Chi è l’autore e di cosa? non avevo voglia di fare assolutamente nulla, si muove, resiste, devia, si ferma, ci porta in un tempo differente, un tempo che abbiamo perso, che stiamo dimenticando e di cui abbiamo assolutamente bisogno: il tempo solenne. Hans Georg – Gadamer nel suo saggio “L’attualità del bello” individua una vicinanza tra il tempo della festa e il tempo dell’arte, entrambi ci insegnano ad indugiare. Indugiare è la modalità che non ha la necessità di portargli da nessuna parte. In questa mostra di Guido Segni c’è sicuramente la richiesta di indugiare, ma soprattutto c’è l’invito e la possibilità di resistere al tempo che passa a favore della sua celebrazione. Resistere, contrapporsi allo scorrere continuo, imparare ad indugiare. Questa mostra personale è una festa, una festa particolare, dove bisogna andare pochi alla volta e superando qualche difficoltà, prendendo piccole precauzioni, con l’obiettivo di ritrovare il piacere di celebrare il tempo che passa, rendere il tempo solenne, dichiarandosi felicemente stanchi.

Stefano Monti

solo show
Guido Segni
non volevo fare assolutamente nulla
16.04 | 22.05.2021
curated by Stefano Monti
#NOPARTY #STAYSAFE (private view by appointament)
SMDOT/Contemporary Art c/o KOBO SHOP

For all SMDOT/contemporary art exhibitions, a playlist will be created by Steve Nardini, the heart and soul of KOBO SHOP and a great musical expert. The following songs and artists have been selected for Guido Segni and his solo exhibition "non volevo fare assolutamente nulla”