Il participio presente è un modo verbale molto vicino all’aggettivo e al sostantivo. Partecipa a queste categorie. Possiamo dire che nella sua natura strutturale, si muove, crea avvicinamenti e distanze variabili. Il verbo guardare, inoltre, ha come suo movimento essenziale quello di rivolgere intenzionalmente lo sguardo; si può guardare senza vedere e vedere senza guardare. L’azione del guardare, nell’antichità, era l’azione che poteva condurre alla meraviglia, la meraviglia, che secondo una costante e antichissima tradizione è l’archè del filosofare, dell’amore per la conoscenza o della conoscenza dell’amore, sicuramente, la sfera ottica rappresentava l’apertura originaria volontaria verso l’altro. Nella modernità, le modalità cambiano, la sfera acustica acquisisce maggiore importanza, la rivelazione/meraviglia arriva, quasi sempre, attraverso la voce, questo è il nostro debito verso l’ebraismo. Nella Bibbia si legge “L’Eterno parlò a voi dal fuoco. Voi udiste una voce di parole, ma forme, figure non ne avete vedute, tranne la voce” (Dt,4,12). Dalla voce al linguaggio orale e scritto il passaggio può essere intuitivo, sicuramente meriterebbe di essere approfondito, non è possibile in questo contesto. La mia attenzione resta sul guardare, sul suo senso e il pericolo di una deriva della sua pratica in un’applicazione in bassa definizione. Un’azione, un movimento che spesso viene scambiato con il vedere, dove lo sguardo diventa superficiale, nel senso che si occupa solo della superficie, diventa un’attività ricognitiva, mentre porre lo sguardo volontariamente impone non solo l’utilizzo della sfera ottica, ma anche di quella acustica e tattile. L’occhio guardante non vede solo la superficie, tocca e ascolta quello che vede, penetra la superficie, si prende cura di quello che guarda e di sé stesso.
Questo è il piano concettuale, abitato dalla mostra collettiva Guardante, dalle singole opere, dagli artisti e dai visitatori. Un piano dai confini frastagliati all’interno del quale ci sono molte traiettorie, un piano scomodo, nel senso di un luogo dove è abbastanza difficile accomodarsi. Le opere sono tutte realizzate utilizzando il medium della pittura, sicuramente la pratica che maggiormente mette in gioco contemporaneamente i movimenti del guardante. I quadri, non solo quelli esposti in questa occasione, hanno uno scopo: fanno sparire le pareti sulle quali sono appoggiati, rompono il piano, creano delle fenditure. Sono oggetti e soggetti contemporaneamente, sono vettori di senso, sono anch’essi guardanti. Possiamo ipotizzare questa mostra come un esercizio scomodo di sguardo intenzionale. “Orientarsi nel pensiero” di Lorenzo Commisso è un acrilico su tela, il quadro è a prima vista di piccole, medie dimensioni in bianco e nero, la vista lo riconosce come la rappresentazione di un labirinto, l’occhio comincia a seguire il tracciato multiviario, si addentra nel molteplice, devia, si perde e si ritrova, cerca un’uscita dal tutto conosciuto attratto dal nuovo, mutevole, molteplice, misterioso. Il guardante si muove, i guardanti si muovono, lo spazio fisico diventa lo spazio delle emozioni e del pensiero, lo spazio si espande, e il mistero si figura, esiste un elemento che rompe gli equilibri delle linee, una penna usb appoggiata, in bilico, su un bordo, un’apertura misteriosa, una soluzione al mistero? “r_lighttweaksunlight_03, z_lightTweakSunlight_01(dittico), r_lightGold 01,02,03”, di Marco Mendeni, per la prima volta questo corpo di opere, formato da un piccolo dipinto, un dittico e tre video in loop, vengono a costituire un’installazione unica che attraverso la pittura, il gesto pittorico, restituisce l’emozione e il sogno della tecnologia e alla tecnologia. Il codice binario, costruttore di strutture digitali quali i videogames, campo di indagine da parte di Mendeni da molti anni, diventa elemento costitutivo di una rappresentazione onirica, emozionale, casuale. Pensiero ed emozione, tecnica e gesto si contaminano e sperimentano una nuova estetica. L’atto pittorico restituisce verità ad un post umano consapevole. “Madre dell’Aurora” di Raffaele Santillo, tela di media dimensione, ci mostra una figura che guarda, ci guarda e che viene guardata, è la figura della memoria, è l’inizio della memoria, è una madre, è la Madre, è l’Aurora, è la coscienza, è la presenza di un’assenza. Il ricordo individuale, di una visita ad un sito archeologico, il Museo Campano provinciale di Capua, il museo vivente delle Madri, in occasione di una gita scolastica, diventa il simbolo, la figurazione della memoria. Il tufo, pietra dura, diventa un materiale malleabile, intenso, profondo che affonda l’occhio e il gesto nella durata. Gli sguardi formano un triangolo immaginario, figura geometrica simbolica e fondamentale nell’arte, un triangolo che rappresenta il tutto, un tutto aperto. “VIRTUAL MUSEUM G.P. SNAPSHOT” di Stefano Spera, ci propone, anch’esso, la geometria del triangolo con un olio su tavola, nel supporto e nel senso. Una forma perfetta, archetipa, che si dilata, che dilata lo sguardo, che rompe i bordi, grazie all’inserimento di un altro piano realizzato con una stampa su pvc. Reale e virtuale si contaminano, si autenticano a vicenda. La rappresentazione pittorica di un’opera scultorea “L’altra figura” di Giulio Paolini diventa piano concettuale per il pensiero dell’artista guardante e di conseguenza per lo spettatore, l’immagine digitale, acquisita, riconosciuta, navigando nel web, diventa memoria e nello stesso tempo ci mostra attraverso la sua metarappresentazione la complessità, la pericolosità e la fragilità dello sguardo necessario per l’individuazione consapevole della realtà. “Utopia (la felicità del Poeta)”, di Luca Suelzu, una grande tela dipinta ad olio, ci mostra un paesaggio iper-realista, oggetti, colori, dettagli minuziosi, riconoscibili, mimetici, creano un’immagine che oltrepassa il visivo, ricerca un luogo che non c’è, un luogo immaginario o immaginato, un luogo che ha bisogno di tempo, di distanza, di profondità per essere individuato, creano una nuova meraviglia. L’occhio, in un primo momento è distratto dalla gioia dei colori e dalla bellezza delle forme, ma l’eccesso, l’iper, lo rende scomodo e lo conduce verso la ricerca di un luogo che non esiste, non esiste ancora nella rappresentazione, lo spinge verso l’immaginazione, verso la felicità del poeta. Mistero, tecnologia, sogno, emozione, memoria, reale, virtuale, immaginazione, questo è il risultato del mio esercizio da Guardante. Un esercizio determinato dal caso, determinato da movimenti non lineari, da salti di direzioni, da attrazioni emozionali, che non sono l’opposto di un pensiero razionale. Ho provato ad esercitare la meraviglia. Provateci anche voi, è molto difficile. L’ingresso alla mostra è gratuito.
Stefano Monti
The present participle is a verb form which is very close to adjectives. It shares and partakes in both a verbal and nominal nature. It could be said that its structural character moves and creates variable approaches and distances. The verb to look implies a movement: that of intentionally directing the gaze. One can look without seeing and see without looking. The action of looking, in ancient times, was the action that could lead to wonder – the wonder, which according to a constant and ancient tradition, is the archè of philosophizing, of love for knowledge or knowledge of love. Optical perception was considered the original voluntary opening towards the other. Modalities have changed: in modern times acoustic perception has acquired greater importance; revelation and wonder almost always come to us through the voice, and this is our debt to Judaism.
In the Bible we read “And the Lord spoke to you out of the midst of the fire. You heard the sound of the words, but saw no form; you only heard a voice.” (Dt, 4,12 NKJV). The passage from sound to oral and written language can be intuitive and would certainly deserve to be looked at with more attention, which is not possible in this context. My attention is focused on looking, on its meaning and the danger for this practice to turn into a low-definition version that is an action – a mere movement that is often confused with seeing, but in which the gaze becomes superficial. Literally superficial, in the sense that it deals only with the surface, conducting a sort of reconnaissance. Fixing the gaze voluntarily requires not only the use of optical perception, but also acoustic and tactile ones. The looking eye does not only see the surface, it touches and listens to what it sees, penetrates the surface, takes care of what it looks at and of itself.
This is the conceptual floor upon which the group exhibition Guardante is built, inhabited by the individual works, by the artists and by the visitors. The boundaries of this floor are not precisely set out and it is crossed by many trajectories. It is unsettling to inhabit, in the sense that it is a place where it is difficult to find somewhere to make yourself comfortable. The works are all made using the medium of painting, which is certainly the one that most requires the simultaneous engagement of the viewer’s movement. The paintings, not only those exhibited on this occasion, have an effect: they make the walls on which they hang disappear, they break the surface, they create cracks. They are objects and subjects at the same time, they are vectors of meaning, and they are also looking. We can hypothesize this exhibition as an uncomfortable exercise in intentional gaze.
“Orientarsi nel Pensiero” by Lorenzo Commisso is an acrylic on canvas. At first glance the work appears as a small to medium-sized black and white painting, the gaze recognizes it as the representation of a labyrinth, the eye begins to follow the many paths, entering the multiplicity, changing route, getting lost and finding itself, looking for an exit from the known whole and attracted by the new, the changeable, the multiple and the mysterious. The viewer moves, the viewers move, the physical space becomes the dimension of emotions and thought, space expands and the mystery appears. There is an element that interrupts the equilibrium of the lines, a USB memory stick standing, poised, on one edge, a mysterious opening, perhaps a solution to the mystery?
“R_lighttweaksunlight_03, r_lightGold 01,02,03”, is the work by Marco Mendeni. This is the first time this body of work, consisting of a small painting and three videos, has been brought together as a single installation, that through painting and pictorial gesture gives back the emotion and the dream of technology and to technology. The binary code, with which digital structures such as videogames are built, has been a field of investigation for Mendeni for many years, and becomes a constitutive element of a dreamlike, emotional, casual representation. Thought and emotion, technique and gesture contaminate each other and explore a new aesthetic. The pictorial act restores truth to a post-human awareness.
In the medium-sized canvas “Madre dell’Aurora” by Raffaele Santillo, a figure is looking, looking at us and being looked at. It is the representation of memory, it is the beginning of memory, it is a mother, it is the Mother, it is Aurora, the goddess of the dawn, it is consciousness, it is the presence of an absence. The individual memory of a visit to an archaeological site, on a school trip to the Museo Campano Provinciale in Capua, the living museum of Mothers, becomes the symbol, the representation of memory. Tuff, a solid rock, becomes a malleable, intense, deep material that plunges the eye and gesture into memory. The gazes form an imaginary triangle, a symbolic geometric figure that is fundamental in art, a triangle that represents the whole, an open whole.
“VIRTUAL MUSEUM G.P. SNAPSHOT ” by Stefano Spera, also represents the geometry of a triangle with an oil on panel, both through its support and in its meaning. This is a perfect, archetypal shape which expands, dilating the gaze, breaking the confines through the introduction of another surface made by printing on PVC. That which is real and that which is virtual contaminate each other, generating a reciprocal authentication. The work is a pictorial representation of “L’altra figura “, a sculptural work by Giulio Paolini, which here becomes the conceptual basis for the thoughts of the artist looking, and consequently for the viewer. The digital image, acquired on the web, and thus recognised as an artwork, has become a memory. Through its meta-representation it also shows us how complex, dangerous and fragile the use of the gaze can be, albeit necessary for the conscious identification of reality.
“Utopia (la felicità del Poeta)”, by Luca Suelzu, a large oil on canvas, shows us a hyper-realistic landscape. The objects, colours and meticulous, recognizable, mimetic details create an image that goes beyond the visual, to search for a place that does not exist, an imaginary or imagined place, a place that requires time, distance and depth to be identified, creating a new wonder. The eye is at first distracted by the joy of colours and the beauty of shapes, but the excess in the painting, its hyper, makes it uncomfortable. It leads the eye to look for a place that does not exist – at least not yet in the representation – it leads it towards imagination, towards the poet’s happiness of the title.
Mystery, technology, dream, emotion, memory, real, virtual, imagination, this is the result of my exercise in looking. An exercise determined by chance, by non-linear movements, by shifts in direction, by emotional attractions, which are not the opposite of rational thinking. I tried to exercise wonder. Try it too, it’s very difficult. Admission to the exhibition is free.
Stefano Monti
For all SMDOT/contemporary art exhibitions, a playlist will be created by Steve Nardini, the heart and soul of KOBO SHOP and a great musical expert. The following songs and artists have been selected for this group show “Guardante”