30.06 | 17.09.2022

ATTO I _ La ragazza con la pistolaYara Piras

Mirare

SMDOT/Contemporary Art è felice di annunciare la prima personale a Udine di Yara Piras intitolata “ATTO I _ La ragazza con la pistola”.

Questo nuovo progetto può essere indentificato come il coerente proseguimento del percorso iniziato con le mostre personali “La Prima” alla Fondazione Pini e “Frame” presso Tufano Studio, entrambe a Milano.

Il lavoro di Yara si esprime attraverso installazioni cinematografiche che diventano soglie di senso per lo spettatore guardante. La pellicola, il proiettore, lo schermo, la videocamera, il corpo, l’immagine sono i vettori principali che si muovono su un rigoroso piano concettuale dai confini frastagliati, definito, probabilmente, dall’azione principale condotta da un artista: la creazione. Una creazione che in questo caso scaturisce da una pellicola cinematografica, da ogni singolo frame, che con il suo movimento continuo, tra reale e magia, illumina un pensiero, un pensiero laterale, fecondo.

Il titolo della mostra è nello stesso tempo esplicito ed opaco, semplice e complesso, ci attrae e ci accende.

L’appropriazione indebita che compare nella seconda parte dello stesso, La ragazza con la pistola, non è un palese riferimento al contenuto del film di Mario Monicelli, ma alla sua azione espressa, la quale rappresenta e nello stesso tempo introduce lo spettatore alla video-scultura che si appropria dello spazio centrale della galleria modificandolo. Una pellicola che attraverso una retroproiezione su uno schermo target, mostra le immagini registrate in precedenza della performance realizzata da Yara Piras mentre maneggia una videocamera super 8 come se fosse una pistola, la stessa pistola/videocamera che lo spettatore è invitato ad utilizzare salendo su una pedana di legno. Una pedana che lo colloca perfettamente di fronte allo schermo/target, in quello che può essere un corridoio di tiro, dove è invitato a inquadrare, catturare, mirare il target/video utilizzando il mirino della telecamera, sperimentando, in questo modo, con il suo posizionarsi fisicamente e idealmente lo scarto contenuto nella stessa azione del premere il grilletto per sparare o riprendere, per costruire o distruggere.

A questo punto si svela la prima parte del titolo della mostra: ATTO I. L’atto, l’azione che viene prima, che anticipa le altre azioni: mirare. Mirare significa meravigliarsi, guardare, guardare con attenzione, con particolare sentimento. Mirare è l’azione che precede lo sparo. Lo sparo che serve per colpire e distruggere un obiettivo. Mirare è anche l’agire che precede l’inizio della ripresa cinematografica, cioè un movimento che registra, che accoglie, facendone materia creativa. Lo spettatore è invitato a posizionarsi, a mirare ed a sparare. Per fortuna il suo mirare, attraverso un primo momento di disorientamento causato dall’ambiguità dell’ambientazione costruita sarà un invito a guardare con attenzione, con trasporto, un guardare per conoscere, per pensare e creare. Un mirare che contiene sempre al suo interno, nella sua pratica anche il suo opposto, la distruzione.

Il lavoro di Yara si muove tra rigore concettuale e sensibilità estetica, tra serietà intellettuale e ironia, creando dei brevi, intensi, scomodi cortocircuiti, click boom, in grado di sollecitare l’attenzione, la riflessione, ma anche la scelta. Una scelta difficile, ma necessaria, quotidiana, che ogni volta va fatta con estremo rigore, ma senza dimenticare l’ironia e la bellezza.

Lo spazio espositivo, che per eccellenza dovrebbe essere il luogo del guardare, del prendersi cura dello sguardo si trasforma in un corridoio di tiro, mostrandoci la necessità del mirare, dell’imparare a mirare e della responsabilità che determina questa azione. 

All’interno della galleria ci sono altre due opere. Una scultura/plastico di un lavoro non ancora realizzato che ci mostra un poligono di tiro con più postazioni dove i target sono sostituiti da specchi. Ci si spara (sempre con pistole/cineprese super8) e ci si riprende contemporaneamente. 

In questo caso il cortocircuito determinato dall’azione espressa dal verbo inglese to shootche può essere tradotto in italiano con sparare e riprendere, rende protagonisti, soggetti dell’opera, gli spettatori all’interno di un ambiente individuale e collettivo nello stesso tempo confrontandosi con l’ambiguità dell’azione e del suo risultato.

Il terzo lavoro è un lightbox dove, alcuni fotogrammi del video selezionati ed ingranditi, focalizzano, fermano, lo sguardo sull’azione finale, TO SHOOT, che al suo interno contiene il mirare e tutta l’oscillazione concettuale del suo movimento.

La ragazza con la videocamera, ci obbliga a prenderci cura del nostro sguardo con grande intensità ed ironia mostrandoci l’importanza del mirare, dell’individuazione dell’obiettivo, con il monito di fare attenzione alla scelta per non restare coinvolti in una sparatoria che potrebbe distruggere noi stessi. 

Stefano Monti

Taking aim

 

SMDOT/Contemporary Art is delighted to announce the first solo show in Udine by Yara Piras: “ACT I _ The girl with the gun”.  This new project can be seen as a logical continuation of the journey that began with the solo exhibitions “La Prima” at the Fondazione Pini and “Frame” at Tufano Studio, both in Milan. 

 

Yara’s work is expressed through filmic installations that transform into thresholds of meaning for the viewers. The film, the projector, the screen, the camera, the body and the image are the main vectors. They move in a strictly conceptual dimension, one with jagged boundaries which are defined in all probability by the principal action undertaken by an artist: creation. In this instance creation springs from a film, from every single frame: its continuous movement, between reality and magic, shines a light on a thought, a lateral, fruitful thought. The title of the exhibition is simultaneously explicit and opaque, simple and complex, it attracts us and lights us up.

 

The second part of the title, “The girl with a pistol”, is not a direct reference to the content of the film of the same name by Mario Monicelli, but to the action in it. It both represents and introduces the viewer to the video-sculpture that takes over the central space of the gallery, modifying it. This is a film shown by means of a rear projection on a target-like screen, it shows the previously recorded images of the performance made by Yara Piras holding a super 8 camera as if it were a gun. The viewer is invited to use that same gun/camera and climb on a wooden platform. The platform positions the viewer perfectly in front of the screen/target, in what can easily look like a shooting range. It invites them to frame, capture and aim at the target/video using the viewfinder of the camera, thus experiencing the parallel and distance between shooting (firing) or shooting (filming) through their physical and metaphorical positioning, pressing the trigger to either create or destroy. The first part of the title of the exhibition is revealed: “ACT I”. The act, the action that comes first, that anticipates the other actions: taking aim. 

 

Taking aim means marvelling, looking, watching, looking with particular feeling. Aiming is the action that precedes the shot. The shot to hit and destroy. Aiming is also the action that precedes shooting film, that is, a movement that records, that welcomes, that makes something creative. The viewers are invited to position themselves, to take aim and to shoot. After an initial moment of disorientation caused by the ambiguity of the environment, it becomes clear that this taking aim is fortunately just an encouragement to look carefully, with emotion, looking to understand, to think and to create. Taking aim in practice always contains within it also its opposite: destruction.

 

Yara’s work stands between conceptual rigour and aesthetic sensitivity, between intellectual seriousness and irony, creating short, intense, uncomfortable short circuits, click booms to stimulate attention, reflection, but also choice. A difficult choice, but one that is necessary everyday, which requires extreme rigour, but is not devoid of irony and beauty. The exhibition space ought to be the place for looking, a place to take care of the gaze. Here it has been transformed into a shooting range, showing the need to take aim, to learn to take aim and the responsibility this action entails. 

 

There are two other works in the gallery. One is a sculpture/model of a yet unbuilt work: a shooting range with several positions where the targets are replaced by mirrors. A place to shoot/fire oneself (always with super 8 guns/cameras) and to shoot/film oneself at the same time.  The short circuit determined by the action expressed by the English verb to shoot makes the viewers the protagonists, the centre of the work, within an individual and collective environment, while confronting the ambiguity of the action and its result.

 

The third work is a lightbox where a number of selected and enlarged frames of the video focus and arrest the gaze on the final action, TO SHOOT, which contains the conceptual oscillation and shifting of this taking aim.

The girl with the camera forces us with great intensity and irony to take care of our gaze.  She is showing us the importance of taking aim, of identifying the target, with the warning to pay attention to the choice we make, so as not to get involved in a shooting that could destroy us.   

 

Stefano Monti

As always with the exhibitions at SMDOT/Contemporary Art, Steve Nardini the heart and soul of KOBO SHOP and great musical expert, has created a dedicated playlist. For the solo show “ATTO I _ La ragazza con la pistola” by Yara Piras, he has selected the following tracks and artists: